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Virtualizzazione sì, ma con un’attenta conoscenza del licensing

I costi nascosti della virtualizzazione: garantire la compliance delle licenze non è facile

Sempre più aziende scoprono il valore della migrazione del proprio ambiente IT verso infrastrutture virtualizzate e datacenter cloud. Purtroppo molte organizzazioni non realizzano, però, che la transizione delle applicazioni sulle macchine virtuali comporta, durante il processo, anche un’alterazione delle condizioni di licenza. Alcuni publisher approfittano della mancanza di conoscenza del licensing, in un momento in cui l’industria dell’IT si trova ancora nel limbo della migrazione dall’on-premise al virtuale.

CIO Insights ha fornito alcune analisi interessanti sullo stato attuale del passaggio da on-premise a virtualizzato:
• La virtualizzazione ha superato il 50% di tutti i carichi di lavoro dei server e raggiungerà l’86% entro la fine del 2016
• Ci sono più di 15 milioni di applicazioni distribuite all’interno di infrastrutture virtuali
• Il 70% dei senior executive afferma che la virtualizzazione ha avuto un impatto significativo sull’efficienza e sul risparmio

Ma il risparmio di costi sarà reale anche se, nel caso veniate sottoposti ad un audit, il licensing per le vostre infrastrutture virtualizzate si dimostri sbagliato? L’acquisto di risorse hardware per un server si traduce in poche migliaia di euro, ma il costo del software non compliant può raggiungere valori di centinaia di migliaia di euro. Inoltre, esattamente come i publisher hanno accordi di licenza diversi, le metodologie per la licenza delle loro infrastrutture virtuali sono differenti.

Oracle, ad esempio, non si preoccupa necessariamente della potenzialità di calcolo della macchina virtuale, ma può cambiare notevolmente lo scenario di licensing in base al tipo di hardware che la ospita e al prodotto utilizzato per la virtualizzazione. Da un punto di vista intuitivo, tutto questo sembra contraddire l’idea di promuovere le prestazioni IT sulla macchina virtuale, perché le aziende spesso guardano a questa tecnologia proprio con il proposito di ridurre le loro spese capitali e operative.

In modo simile, Symantec richiede che ogni istanza virtuale possieda la licenza. Ad esempio, se 100 dei vostri utenti accedono a un immagine standardizzata per una macchina virtuale, vi verrà chiesto di possedere 100 licenze per il provision di ciascun utente invece che un’unica licenza master per la macchina stessa.

E se ci si appoggia a un’infrastruttura desktop virtuale (VDI) con tecnologia Citrix? Citrix XenDesktop e XenApp richiedono una struttura di licensing basata sul tipo di uso che viene fatto. In particolare, l’uso di XenDesktop per la pubblicazione del Desktop (PC virtuale) richiede la copertura del Sistema Operativo Microsoft Client con una VDA – oppure con una Software Assurance attiva sul client fisico che vi sta accedendo. Per Xen App, invece, se si sta pubblicando un’applicazione accessibile dagli utenti utilizzando i servizi terminali di Windows Server, sarà necessario coprire ogni dispositivo o utente con una Microsoft server cal specifica (chiamata Remote Desktop Client Access License).
Continuando nella nostra analisi sul filone Microsoft, la virtualizzazione si riflette anche sulle best practice di acquisto delle licenze per le infrastrutture di base – il Microsoft Desktop OS, Windows Server e SQL Server. Per il sistema operativo del desktop, se si dispone di un aggiornamento tramite SA si ha il diritto di implementare un ambiente operativo virtuale (OSE) per ogni desktop coperto da SA. Ma se non si possiede SA, bisogna acquistare i diritti per distribuire un OSE virtuale per un utente tramite VDA.
Per Windows Server, una volta raggiunto un buon numero di macchine virtuali diventa più conveniente acquistare la licenza Datacenter.

Nel caso dei server SQL la virtualizzazione può diventare molto costosa, specie se l’ambiente non viene pianificato con cura in modo da massimizzare il valore dei sistemi che ereditano le licenze dall’hardware sottostante o in base a un modello per macchine virtuali (VM). Particolare attenzione deve essere prestata ai valori minimi di licenza per-macchina e per VM che porteranno molti ambienti a far crescere la densità delle macchine virtuali per ogni host fisico.
Rimane molto importante però assicurarsi di mantenere il programma SA, perché senza di esso non si hanno i diritti di mobilità per spostare le VM virtuali su altri host della server farm o nel cloud.

La morale è che non bisogna mai abbandonare la prudenza e virtualizzare in modo casuale! Certo, non si deve avere paura di virtualizzare le applicazioni software e sfruttare le nuove opportunità del cloud, ma è indispensabile un’attenta pianificazione e una competenza valida sul piano delle licenze. Solo in questo modo sarà possibile avvalersi dell’efficienza e della flessibilità della virtualizzazione senza restare intrappolati dal licensing sottostante.

A cura di Alessandro Colasanti, Responsabile Divisione SAM di SoftwareONE

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